Obblighi informativi sulle condizioni di lavoro e conciliazione vita-lavoro

Il Governo ha avviato l’iter legislativo di recepimento della normativa europea in materia di condizioni di lavoro trasparenti e di equilibrio tra attività professionale e vita familiare approvando in via definitiva gli schemi dei decreti legislativi contenenti le disposizioni nazionali in materia (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Comunicato 22 giugno 2022).

La normativa europea prevede l’adozione da parte degli Stati membri di norme volte a disciplinare gli obblighi informativi del datore di lavoro sulle condizioni di lavoro, norme che garantiscano il miglioramento della conciliazione tra i tempi della vita lavorativa e quelli dedicati alla vita familiare per tutti i lavoratori che abbiano compiti di cura in qualità di genitori e/o di prestatori di assistenza, i cosiddetti caregivers, al fine di conseguire una più equa condivisione delle responsabilità tra uomini e donne e di promuovere un’effettiva parità di genere sia in ambito lavorativo, sia familiare.

CONDIZIONI DI LAVORO TRASPARENTI E PREVEDIBILI NELL’UE

In attuazione della Direttiva (UE) 2019/1152 (recante condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’UE), lo schema di decreto legislativo prevede nuove tutele minime per garantire che tutti i lavoratori, inclusi quelli che hanno contratti non standard (e, cioè, rapporti di collaborazioni continuative organizzate dal committente anche tramite piattaforme, contratto di prestazione occasionale, contratto di collaborazione coordinata e continuativa, etc.), beneficino di maggiore prevedibilità e chiarezza in materia di trasparenza delle informazioni sul rapporto di lavoro e sulle condizioni di lavoro.
Inoltre, prevede l’ampliamento del campo di applicazione soggettivo della disciplina in materia di obblighi informativi gravanti sul datore di lavoro che viene esteso anche ai lavoratori impiegati con tipologie contrattuali non standard.

EQUILIBRIO TRA ATTIVITÀ PROFESSIONALE E VITA FAMILIARE PER I GENITORI E I PRESTATORI DI ASSISTENZA

In attuazione della Direttiva (UE) 2019/1158 (equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza), lo schema di decreto legislativo prevede:
– l’introduzione a regime del congedo di paternità obbligatorio, della durata di 10 giorni lavorativi, fruibile dal padre lavoratore nell’arco temporale che va dai 2 mesi precedenti ai 5 successivi al parto, sia in caso di nascita sia di morte perinatale del bambino. Si tratta di un diritto autonomo e distinto spettante al padre lavoratore, accanto al congedo di paternità cosiddetto alternativo, che spetta soltanto nei casi di morte, grave infermità o abbandono del bambino da parte della madre. Specifiche sanzioni sono previste per i datori di lavoro che ostacolano la fruizione del congedo di paternità obbligatorio;
– l’aumento da 10 a 11 mesi, della durata complessiva del diritto al congedo parentale spettante al genitore solo, nell’ottica di una maggior tutela per i nuclei familiari monoparentali;
– l’aumento da 6 a 9 in totale, dei mesi di congedo parentale coperto da indennità nella misura del 30%, fermi restando i limiti massimi di congedo fruibili dai genitori;
– l’innalzamento da 6 a 12 anni, dell’età del bambino entro la quale i genitori, anche adottivi e affidatari, possono fruire del congedo parentale, indennizzato nei termini appena descritti;
– l’estensione del diritto all’indennità di maternità in favore delle lavoratrici autonome e delle libere professioniste, anche per gli eventuali periodi di astensione anticipata per gravidanza a rischio;
– che i datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile diano priorità alle richieste formulate dalle lavoratrici e dai lavoratori con figli fino a 12 anni di età o senza alcun limite di età nel caso di figli in condizioni di disabilità. La stessa priorità deve essere riconosciuta alle richieste dei lavoratori che siano “caregiver”;
– per i datori di lavoro che ostacolano i diritti e le agevolazioni in favore della genitorialità, l’impossibilità di ottenere la certificazione della parità di genere se hanno adottato tali condotte nei due anni precedenti la richiesta della certificazione stessa.

Operazioni transfrontaliere: differita la decorrenza del regime sanzionatorio

La sanzione di 2 euro per l’omessa o errata trasmissione dei dati, entro il limite massimo di 400 euro mensili, si applica per le operazioni effettuate dal 1° luglio 2022 (art. 13, D.L. n. 73/2022).

L’art. 11, co. 2-quater, D.Lgs. n. 471/1997, in caso di omessa o errata trasmissione delle fatture relative alle operazioni transfrontaliere prevede una sanzione amministrativa di 2 euro per ciascuna fattura (entro il limite di 1.000 euro per ciascun trimestre), ridotta alla metà (entro il limite di 500 euro per ciascun trimestre), se l’invio avviene entro i 15 giorni successivi alla scadenza ovvero se, nello stesso termine, viene effettuata la trasmissione corretta dei dati.

A riguardo, la Legge di Bilancio 2021 aveva previsto che per le operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2022, si applica la sanzione amministrativa di euro 2 per ciascuna fattura (entro il limite di 400 euro mensili), ridotta alla metà (entro il limite di 200 mensili), se l’invio avviene entro i 15 giorni successivi alla scadenza ovvero se, nello stesso termine, viene effettuata la trasmissione corretta dei dati.

Il DL Semplificazioni fiscali è intervenuto sul regime sanzionatorio introdotto dalla Legge di Bilancio 2021, prevedendo il differimento della sua applicabilità al 1° luglio 2022.

Alla suddette violazione non è applicabile l’istituto del cumulo giuridico previsto dall’art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997, mentre è applicabile l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997.

Emergenza Covid-19: più tempo per inviare l’autodichiarazione relativa agli Aiuti di Stato

C’è tempo fino al 30 novembre per consentire agli operatori economici che hanno ricevuto aiuti di Stato durante l’emergenza Covid-19 di inviare le dichiarazioni sostitutive all’Agenzia delle Entrate. (AGENZIA DELLE ENTRATE – Provvedimento 22 giugno 2022, n. 233822)

Il termine di scadenza per l’invio del documento che serve ad attestare che l’importo complessivo dei sostegni economici fruiti non superi i massimali indicati nella Comunicazione della Commissione europea “Temporary Framework” viene prorogato al 30 novembre 2022.
L’autodichiarazione deve essere inviata tramite il servizio web disponibile nell’area riservata del sito o attraverso i canali telematici dell’Agenzia.
Il provvedimento in oggetto tiene conto di quanto disposto dall’articolo 35 del decreto-legge 21 giugno 2022, n. 73, con il quale sono prorogati i termini di registrazione degli aiuti di Stato COVID-19 nel Registro Nazionale degli Aiuti di stato (RNA).
Anche i contribuenti che si avvalgono della definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni (articolo 5, commi da 1 a 9 del Dl n. 41/2021) possono inviare la dichiarazione entro il 30 novembre oppure, se successivo, entro il termine di 60 giorni dal pagamento delle somme dovute o della prima rata. Si tratta, nello specifico, dei contribuenti con partita Iva attiva al 23 marzo 2021 che, a causa della situazione emergenziale, nel 2020 hanno subìto una riduzione superiore al 30 per cento del volume d’affari rispetto all’anno precedente.

Incrementato il montante welfare nelle Agenzie delle Entrate – Riscossione

Siglato lo scorso 21 giugno, tra l’Agenzia delle Entrate – Riscossione e la FABI, la FIRST-CISL, la FISAC-CGIL, la UILCA, la UNISIN, l’accordo sul welfare.

Il citato accordo ha disposto che il c.d. “montante welfare” pari a € 1.229.035, sarà incrementato di una somma pari ad € 3.496,44 corrispondente alla differenza tra gli importi previsti dall’art. 3 dell’ex CIA Riscossione Sicilia del 28 agosto 2008, calcolati sulla platea 2021, e quelli riportati dal vigente CCNL.
L’importo complessivo del montante è indicato nella suguente tabella.

Welfare

Montante

Agenzia delle Entrate – Riscossione (ante acquisizione Risc. Sicilia ) 1.229.035,00
Agenzia delle Entrate – Riscossione (post acquisizione Risc. Sicilia ) 3.496,44
TOTALE 1.232.531,44

Le somme saranno corrisposte a tutti i dipendenti secondo i criteri e con le modalità previste dalle intese vigenti in materia nell’Ente.

Start-up innovativa e contratto di associazione in partecipazione

La normativa relativa alle start-up innovative preclude la distribuzione di utili anche nell’ipotesi di ricorso a contratti di associazione in partecipazione (Agenzia delle entrate – Risposta 21 giugno 2022, n. 334).

Nel caso di specie, la società S.R.L., iscritta nel registro delle imprese come “start-up innovativa”, ha per oggetto la progettazione, lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti e servizi innovativi ad alto valore tecnologico.
Nello specifico, la società ha sviluppato un servizio innovativo. La realizzazione di questo progetto comporta per la start-up il sostenimento di ingenti costi di investimento sia nell’acquisto che nell’installazione.
La società è pertanto intenzionata a realizzare una partnership con investitori, sia persone fisiche che imprese, disposti ad accollarsi le spese, in cambio della partecipazione agli utili derivanti. La partnership assumerebbe la veste di associazione in partecipazione con apporto di capitali, a fronte del diritto spettante all’associato di partecipare agli utili derivanti dallo specifico affare.
L’istante evidenzia che, ai fini delle imposte dirette, l’utile attribuito all’associato persona fisica viene considerato reddito di capitale, mentre nel caso di associato imprenditore l’utile diventa un componente positivo del reddito di impresa (dividendo).
Dunque, a suo avviso, in campo fiscale l’associazione in partecipazione con apporto di capitale viene trattata alla stregua di un rapporto di natura partecipativa e l’erogazione dell’utile all’associato alla stregua della distribuzione di dividendo.
Quanto sopra premesso, considerato che l’articolo 25, comma 2, lett. e) del decreto legge n. 179 del 2012 prevede che le start-up, oltre ai requisiti elencati nello stesso comma, non debbano aver distribuito e non possano distribuire utili fino a quando sono iscritte nella sezione speciale della CCIAA, la società chiede al Fisco se tale divieto risulta operante anche nel caso di attribuzione di utili all’associato che apporta capitale nell’ambito di un contratto di associazione in partecipazione sottoscritto con la start-up.

Il legislatore ha equiparato il trattamento fiscale della remunerazione corrisposta in relazione ai contratti di associazione in partecipazione (allorché, come nel caso in esame, sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi) a quello della remunerazione dovuta in relazione a titoli e strumenti finanziari comunque denominati, per la quota di essa che direttamente o indirettamente comporti la partecipazione ai risultati economici della società.
Ai sensi dell’articolo 109, comma 9, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), entrambi i tipi di remunerazione risultano indeducibili per il soggetto emittente/associante e, in base all’articolo 44, comma 1, rispettivamente lettere e) ed f), del TUIR, sia gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società, sia gli utili derivanti da associazioni in partecipazione sono per il percettore da considerarsi redditi di capitale (eccetto il caso in cui l’apporto dell’associato sia costituito da solo lavoro).
Il trattamento fiscale è dunque, sia per l’associato che per l’associante, equivalente a quello di una partecipazione ad una società di capitali: la distribuzione dell’utile non è deducibile in capo all’associante, mentre il regime di imposizione fiscale, in capo all’associato varia a seconda che si tratti di un soggetto IRES, di un soggetto IRPEF imprenditore o di un soggetto IRPEF privato, secondo le rispettive regole previste per le diverse categorie di percettori.
Tenuto conto del relativo regime di tassazione, ove la start-up innovativa procedesse a corrispondere utili all’associato in partecipazione perderebbe i requisiti previsti dall’articolo 25, comma 2, del decreto legge n. 179 del 2012, che alla lettera e) dispone che la start-up “non distribuisce, e non ha distribuito, utili”.
Tale conclusione è peraltro avvalorata dall’essere il divieto di distribuzione di utili finalizzato a favorire l’investimento degli stessi per la crescita della start-up innovativa; ove si procedesse a remunerare l’associato in partecipazione con tali utili verrebbe meno il comportamento virtuoso che la norma agevolativa intende premiare con le corrispondenti agevolazioni fiscali.
Alla luce di quanto sopra rappresentato, l’Agenzia ritiene che la normativa relativa alle start-up innovative precluda la distribuzione di utili anche nell’ipotesi di ricorso a contratti di associazione in partecipazione.